stennarello/tortóre
«Ma s’ingannavano: si scontrarono ivi nel volto bianco a patata e nel risoluto erompere d’una ragazza che aveva preso su, da un banchetto, una specie de stennarello p’allargà la sfoja, ma involtato in d’una pezza rossa e verde: e in quel momento più verde che rossa» (QP 242-43).
«Tale volizione, a metterla in pagina, verrebbe a graficizzarsi nei noti termini: “Tutto deve andare per il suo verso, che prima d’essere il suo verso è il mio, veduto ch’io sono un arcangelo. Se poi qualcuno fosse di parer contrario, te lo arrangio subito: con questo tortòre che qui”» (QP 197).
Il fodero in cui viene ravvolta la bandiera che il personale di vigilanza delle stazioni utilizza per segnalare rallentamento (bandiera verde spiegata) o arresto (bandiera rossa spiegata) si trasforma, sotto gli occhi del Pestalozzi e del Cocullo in uno stennarello, ‘mattarello’, solo in apparenza domestico e innocuo: al sopraggiungere mattutino del «misto», Camilla Mattonari, la fidanzata brutta del Retalli, lo impugna infatti risoluta sulla banchina del casello di Casal Bruciato piantandoselo «su la panza fisso, a quarantacinque gradi sparati», sicché «il tronco ruvido» la munisce di colpo di uno «sprocco d’inusitato vigore» (QP 244). L’improvvisa epifania di Priapo nella desolata solitudine agreste dice l’onnipresenza di Mussolini, «fallo padronale e precipuo» (EP 50; «“Cià er manganello dritto!”» urlano non a caso i congedati dal treno in corsa), il culto fascista della virilità, la menzogna di cui è portatore (il fallo, nella fattispecie, è fasullo), ed è suggerita dalla satira VIII del I libro di Orazio («… nam fures dextra coercet / obscaenoque ruber porrectus ab inguine palus»; → impisciare), come testimonia Il latino nel sangue: «Talché mi si riduce a mente … il sorriso di Orazio maliziosetto là là dove Priapo, una specie di Pinocchio latino, racconta che Geppetto faber (= falegname), incerto se fabbricare di un certo tronco un dio piuttosto che uno sgabello, si risolvette pel dio: ed egli ebbe allora i natali. “Truncus eram ficulnus, inutile lignum”: ero un fustarello di fico, uno sprocco perfettamente inutile» (DG 291). A garantire la connotazione sessuale di stennarello è poi l’amato Belli, che nel son. 540, vv. 1-4, largheggia in sinonimi («Er cazzo se pò ddì rradica, uscello, / Ciscio, nerbo, tortore, pennarolo, / Pezzo de carne, manico, scetrolo, / Asperge, cucuzzola e stennarello») fra i quali ritroviamo anche il bastone/fallo (tortòre) simbolo della proterva volizione di Diomede Lanciani, nonché dell’onta subita dall’Italia: «Si direbbe che la coscienza collettiva, e la singula, oltraggiata dal coltello, dal bastone, dall’olio, dall’incendio … si direbbe codesta coscienza l’abbî trovato ricetto, come nelle lor lagune i Veneti, così ella in una zona spastica e liminare della storia bagascia» (EP 11-12). Su stennarello e tortóre nella tradizione romanesca si vedano Giorgio Pinotti, “Un qualificato raddrizzatore”. Gadda, Dell’Arco e la revisione del “Pasticciaccio”, in Studi su Mario Dell’Arco, a cura di Franco Onorati con Carolina Marconi, Gangemi, Roma, 2006, pp. 103-24, in particolare pp. 115-16, e Luigi Matt, «Quer pasticciaccio brutto de via Merulana». Glossario romanesco, Aracne, Roma, 2012, pp. 154, 162.
giorgio pinotti