tiratore/buraccione
«e tanto meno zi’ Marietta e zi’ Elviruccia, inacerbate e maligne al contemplare quel grosso uomo tutto in triboli, “sì, sì, va’ pure a caccia mo: mo che la lepre è scappata,” quel’omaccio che annava su e giù pe casa a tirà fora tutti li tiratori de li mobbili, pe guardacce drento... si gnente gnente j’aveveno rubbato una spilla» (QP 95-96).
«Così come quelle tepide carni le erano discese da cumulata veemenza delle generazioni, dopo aspri mattini. Pareveno dire li parenti de Liliana: “Oh! dolce sposa, infarcita di bei ruspi! tesoro degli anni! Inopinato accredito degli equinozi! Renda, sicché, risputi fora, sto buraccione in commerci!”» (QP 98).
Alla presenza di zi’ Marietta, zi’ Elviruccia e del figlio di quest’ultima, Orestino, Remo Balducci compie un sopralluogo per constatare l’entità del furto: la sua volgare goffaggine mentre annaspa fra la biancheria di Liliana, la sua angustia di «viaggiatore in tessuti» (e cacciatore «in utroque») mentre elenca i libretti di risparmio sottilizzati ‒ in definitiva l’«incompatibilità gamica» che motiva la mancanza di figli (QP 97, 18, 19) – finiscono di esacerbare i parenti Valdarena, spasmodicamente tesi ad esercitare il diritto delle gentes: a richiamare a sé «la cosa prestata» (QP 96). Una rabbiosa avidità che consuona con l’«astenia etica» del Priapo (EP 71) e che, infiltrandosi nella lingua della narrazione, la piega a un muto rimuginare, a un vernacolo interiore dove spiccano voci romanesche come tiratore e buraccione, entrambe esclusive del Pasticciaccio, ma, quel che più conta, entrambe offerte a Gadda da Dell’Arco, come conferma il dossier del romanzo: «tiratore per cassetto e tiretto», «buraccione = uomo corpulento = (non bottacchione) (seccardino o buraccione)». Se poi torniamo alla redazione di «Letteratura», scopriamo che i prestiti di Dell’Arco vanno a rimpiazzare milanesismi come tirett e bottascion (QPL 360: «quell’omaccio che annava su e giù pe ccasa a ttirà fora tutti li tiretti delli mobili… pe’ guardacce drento… se gnente gnente j’aveveno rubato no spillo»; QPL 362: «“Renda, sicché, risputi fuora, sto bottacchione in commerci!”»), ingredienti di una miscela che all’altezza del 1946 appariva risolutamente espressionista (bottascion è schedato dal Cherubini, tirett dal Banfi). Si vedano in proposito Giorgio Pinotti, Un “qualificato raddrizzatore”: Gadda, Dell’Arco e la revisione del “Pasticciaccio”, in Studi su Mario Dell’Arco, a cura di Franco Onorati con Carolina Marconi, Roma, Gangemi, 2006, pp. 103-24, in part. pp. 117 e 120; Luigi Matt, «Quer pasticciaccio brutto de via Merulana». Glossario romanesco, Aracne, Roma, 2012, pp. 161 e 61; Giorgio Pinotti, Nota al testo di QP, pp. 343-44; Luigi Matt-Giorgio Pinotti, Nel cantiere del secondo «Pasticciaccio»: gli appunti autografi per la revisione del romanesco, in «Studi di filologia italiana», LXXX, 2022, pp. 269-349, in part. p. 287.
giorgio pinotti